Ho cambiato casa da un paio di mesi e per quanto mi sia spostata di non molto (in 10 minuti a piedi sono dove abitavo prima!) ho intorno a me una comunità tutta diversa da quella a cui ero abituata prima. La prima grande differenza la fa l’ambiente, il territorio. Mi trovo in una zona di orti molto tranquilla, dove la natura pullula e la fa da padrona, dove quindi sia io che i miei cani ci sentiamo già di per sè molto più a nostro agio e tranquilli grazie al silenzio e alla tranquillità del posto; ma quello che mi ha molto stupito, e che mi ha imposto una riflessione in questo periodo, è che di fatto sono molto diverse proprio le persone di questa comunità.
Dove abitavo prima era un ambiente residenziale pieno zeppo di cani e proprietari e dove sostanzialmente nella maggior parte dei nostri incontri sociali con loro ci siamo sempre sentiti sia io che i miei cani come quelli sbagliati. Dove vivevo prima è il classico posto dove i cani sono chiamati ad essere il meno fastidiosi possibili per la comunità, quindi silenziosi per lo più (spoiler per la vostra realtà: i cani abbaiano, i gatti miagolano; ci sono fior fior di esperti sui 3-4 anni che possono illuminarvi su queste attività animali naturali! Non so bene come facciamo a non vedere la contraddizione nell’insegnarlo ai bambini e dimenticarcene un secondo dopo…) e ad appagare il nostro bisogno tanto umano di vederli sempre tutti insieme felici che “giocano” (no, non farò l’errore di entrare in questo argomento qui adesso, me lo riservo per gli incontri dal vivo!). Inutile dire che il mio gruppo familiare dove non sappiamo tenercela e abbiamo un po’ sempre bisogno di dire come la pensiamo, dove i cani sono stati lasciati liberi di esprimersi, di fare esperienze, di sviluppare pensieri autonomi, non era proprio aderente a questo standard che sempre più viene proposto come quello da raggiungere. Sono sempre stata vista come quella con i cani pericolosi e aggressivi e che per di più non sapeva tenerli.
In questa nuova casa i cani hanno a disposizione un bello spazio esterno che prima non avevano, ma questo spazio confina con una stradina semipedonale e nel verde in cui vengono a passeggiare moltissime persone con i loro cani, cosa che ha aumentato, soprattutto nei primi tempi, il loro senso di guardia e anche di avere sempre un po’ la loro da dire. Premesso che ci sto lavorando, in primis per loro perchè so che così potranno godersi questo spazio in una maniera più rilassata loro e anche chi passa fuori potrà farlo in una maniera più serena, quello che mi ha stupito tantissimo è stata la reazione delle persone. Qui, in questa realtà così vicina, ma così differente, quando mi sono subito prodigata a farmi vedere che cercavo soluzioni e che l’intento era quello di farli stare “buoni” mi sono trovata risposte che, memore, figlia, vittima dell’esperienza precedente, non ero pronta a prendere in considerazione… qui al mio giustificare l’agire dei miei cani con lo stress del cambio casa, con il fatto che alcuni cani erano arrivati proprio a litigare sul cancello ecc, la risposta della maggior parte delle persone è stata di accoglienza. Non so quanti “ah, vabbè, ma meglio se fanno casino, che tu sei da sola e almeno non ti vengono i ladri” ho collezionato; conditi da “e vabbè anche loro hanno le loro simpatie e antipatie, guarda che è anche il mio che è venuto proprio lì a rompere” o ancora “li avrò preoccupati anch’io che non me lo aspettavo e mi sono spaventata e ho fatto un gesto brusco” o ancora “è normale, sono a casa loro!” e potrei continuare per ore… Alcuni miei vicini si sono attrezzati per non farsi più abbaiare portando doni ai miei cani, prendendosi il tempo di salutarli al mattino, di farsi riconoscere, di aspettare che siano tranquilli in loro presenza per poi dirgli che sono bravi (e giuro che io non gli ho detto né insegnato nulla!)
Questa comunità ci ha accolto come mai ci siamo sentiti accolti nei 12 anni precedenti. Ormai è un lontano ricordo quando ho passato anni ad uscire programmando quando potevo orari in cui avrei incontrato meno persone possibili e comunque uscivo sempre un po’ con quel magone che tutto purtroppo non lo potevo controllare e che sarebbe potuto comunque succedere un episodio poco carino. Se penso a come ci vivevamo la comunità non posso fare a meno di chiedermi perché non ho fatto prima questo cambiamento! Perché? Beh, perché non avevo preso minimamente in considerazione il fatto che potessimo essere semplicemente nel posto sbagliato!
Eppure è un concetto che conosco più che bene, con Australian Shepherd Rescue Italia, associazione dove faccio volontariato, ne abbiamo fatto un motto: ogni cane è quello giusto, nel posto giusto, con la famiglia giusta. Sappiamo quanto sia importante e fondamentale fare una scelta ponderata per ogni singolo individuo per trovare quel giusto incastro fatto di incontro tra possibilità e realtà, ma anche fra apertura mentale, rispetto e accoglienza. Ho pensato tanto in questo periodo a quei cani che non vengono visti, e ancor peggio accettati, per quello che sono, ma ai quali imponiamo di dover arrivare a uno standard che di fatto è scelto, promosso e sostenuto dalle visioni, credenze e idee di una società e/o comunità, ma anche solo e semplicemente la sua famiglia.
Siamo tutti animali sociali, per noi è fondamentale sentirci parte di qualcosa, essere parte di, noi e i cani; e farci questo torto di dissociarci dal nostro vero io e essere, o voler portare qualcun altro a farlo, è una delle violenze nascoste più grandi che oggi io possa vedere. Se penso a quanto tempo abbiamo trascorso in un posto in cui non ci sentivamo a nostro agio, a come mi sentivo ogni volta che qualcosa mi suggeriva che non ero proprio la benvenuta o accettata, non posso credere a quanto io abbia aspettato a fare questo passo. E ancora non riesco a non pensare a tutti quei cani che fanno parte di gruppi familiari dove non vengono visti per quello che sono, nella meraviglia della loro unicità, ma anzi, vengono ogni giorno fatti sentire sbagliati e inadatti e vengono magari messi in disparte per questo perché considerati “rotti”, non degni, o ancora peggio vengono sottoposti a stress e pressioni continue per renderli adatti a quello standard che i suoi proprietari vedono davanti a loro come il minimo da raggiungere perché ci possa essere accettazione. Mi si riempie di tristezza il cuore per tutti questi esseri unici e irripetibili, meraviglie del creato, non visti, non riconosciuti, non accettati, non amati, con nessuna possibilità di potersi liberare e cambiare questa cosa.
Quindi oggi qui, con queste parole e con questo articolo quello che ti voglio portare è… ami il tuo cane così com’è? Lo accetti per quello che è? E soprattutto… se non ti senti accettato nemmeno tu… hai mai pensato di essere semplicemente nel posto sbagliato?
In foto Sioux, che di posti sbagliati ne ha dovuti vedere parecchi, che non mai smesso di amare nemmeno per un secondo anche quando tutto intorno a noi ci faceva sentire sbagliate, qui in uno dei nostri posti giusti