Il mio vissuto di questa settimana mi ha portato in questi giorni alla mente riflessioni su quale dev’essere l’obiettivo del mio lavoro. E’ ovviamente un argomento su cui mi sono trovata a ragionare più e più volte negli anni, ma di tanto in tanto il quotidiano mi riporta a confrontarmici e a ricordarmi quale deve essere il focus.
Ancora troppo spesso oggi ci si ritrova a porre l’attenzione su quello che il cane dovrebbe fare o come dovrebbe essere per adattarsi perfettamente alla nostra vita, senza a volte chiedersi che costo abbia questo per lui e se di fatto sia la cosa giusta per quell’individuo.
Sapete già come creda che ogni singolo individuo è unico e irripetibile e questo porta inevitabilmente a dover considerare le sue singole ragioni, le sue singole preoccupazioni, i suoi singoli gusti. Questo diventa per me il centro da cui partire per ogni singolo percorso che inizio. Chi ha già lavorato con me sa che per iniziare è necessario farlo con una valutazione. Che poi valutazione… uso questa parola perché così ci si capisce e perché non devo mettermi a dare troppe spiegazioni, ma di fatto più che una valutazione è una conoscenza. Mi piace scoprire, prendere le prime misure su quel singolo individuo che mi troverò davanti perché le attività e il cammino che gli proporrò successivamente siano fatti di tanti piccoli passi per lui comodi e accettabili quanto più possibile. Che non significa che non lo metterò mai nella condizione di dover fare uno sforzo, sono una grande fan del superare i propri limiti, ma che ogni conquista sia alla portata, sia nel range delle possibilità senza un costo esagerato. Voglio che, per quanto sia possibile, quello che viene fatto con me rimanga nella sfera delle buone energie, del positivo, del bello. Da qui la necessità di sapere il più possibile chi mi trovo davanti chi è, cosa gli piace, come si sente e cosa lo fa sentire bene.
Partendo da una base di questo genere è presto chiaro che non fanno per me gli obiettivi standardizzati, che non credo in approcci in cui il cane deve raggiungere uno standard o mostrare le sue capacità in una qualche competizione o mostra. Alla base del mio approccio deve esserci per forza apertura verso qualsiasi cosa tu sia, accoglienza per qualsiasi cosa tu ti senta di portare con te. Se poi questo qualcosa si incastra male e crea problemi col mondo intorno il lavoro sarà quello di dover trovare nuove strategie, nuovi modi di esprimersi, magari anche qualche compromesso, ma mai quello di snaturare quel singolo individuo per farlo aderire a un’immagine preconfezionata di quello che dovrebbe essere.
E’ quel concetto là di quella citazione che mi piace tanto: Ognuno è un genio, ma se si giudica un pesce dalla sua capacità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido” (Albert Einstein)
Credo che ad oggi la grande sfida della cinofilia debba essere proprio questa; in questo mondo dove il cane viene sempre più vissuto come pet e membro della famiglia, quello che dovremmo porci come obiettivo non è tanto quello di creare cani adatti, ma piuttosto cani felici. Che poi di fatto, per me, la felicità crea quell’intangibile allineamento con le energie che ci circondano che di fatto ci porta anche ad essere gli individui giusti al posto giusto, o forse succede viceversa, non lo so bene, so che quando tutto è allineato lo sappiamo, lo sentiamo con certezza.
Ancora più a monte, anche in ottica di adozioni, credo che il vero obiettivo sia creare sufficiente cultura cinofila perché le persone non si approccino più alla scelta del cane con canoni e motivazioni fuorvianti. Troppo spesso ci troviamo ancora a confrontarci con concetti quali che, se presi da cuccioli i cani si crescono meglio, come li desideriamo e si adattano a qualsiasi tipo di situazione; o ancora che fare determinati passi come far vivere con gran frequenza le situazioni più complesse per il cane farà sì che si abitui a quelle situazioni senza creare problemi; o ancora che ci siano determinate razze che essendo di piccole dimensioni si adattano meglio a vite di città in appartamento…
Il nostro salto in avanti dev’essere nel creare una cinofilia (ma in realtà anche un mondo, che non è che in umana siamo messi proprio tanto tanto meglio eh…) in cui, nel momento in cui decidiamo di accogliere un cane nella nostra vita, ci chiediamo chi è quel singolo individuo davanti a noi, dove gli piacerebbe vivere, cosa gli piacerebbe fare e se i nostri interessi, le nostre aspettative, i nostri gusti e ritmi si possano incontrare.
Diciamo molto spesso che prendiamo cani per condividere la nostra vita con loro, ma, a mio avviso, non ci chiediamo mai abbastanza che cosa voglia dire condividere; per me la condivisione è fatta di sincronicità: di stessa cosa, nello stesso tempo, nello stesso spazio, con emotività che si incontrano e si incastrano. E’ un muoversi allo stesso ritmo emotivo, stare nello stesso ambiente cognitivo, sentire che questa sincronia è un tutt’uno, pur con le nostre individualità e specificità. La condivisione per me è una danza in cui non ci sono passi prestabiliti, dove ognuno si muove come meglio crede, ma dove tutto poi diventa una meravigliosa coreografia di gruppo con grande naturalezza.
E allora eccolo, che me lo ricordo un’altra volta, e me lo metto ancora una volta lì davanti quell’importante obiettivo lì: ricordati che non c’è niente e nessuno in assoluto giusto o sbagliato, nessun obiettivo, nessun modo di essere; ma ci sono passi, note, quei giusti individui che se messi insieme creano meravigliose armonie.
A noi tutti il compito di imparare a leggere quella musica.
In foto: Sofia, 7 anni, che dopo aver provato un giro di mazurca vorrebbe tanto darsi a una samba… a chi piace suonare i tamburi?