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Si vede bene solo con il cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.

Antoine De Saint-Exupery

Non mi ero quasi nemmeno accorta che è passato un intero mese dall’ultima volta in cui ho scritto un articolo!

Ok, lo dico, faccio subito outing, la colpa la scaricherò tutta su di lei, quella lì che vedete in foto, intanto con quel muso lì non avete il coraggio di avercela con lei!

E sì lo so, voi lì vedete una piccola angioletta bianca…  io, a un mese circa dal suo arrivo vedo una teppa matta, e perchè le voglio bene… ma andiamo per ordine…

La signorina si chiama Eowyn (sì lo so, avrò sicuramente sbagliato la grafia o qualche accento e gli appassionati di fantasy staranno rabbrividendo, ma sappiate che per me è Nana, quindi ho già fatto uno sforzo!) ed è una cucciola doppio merle che ho in stallo da Australian Shepherd Rescue Italia (per sapere di più su che cosa sia un doppio merle potete visitare il sito ASRI – Australian Shepherd Rescue Italia, per conoscere i cani in adozione invece potete seguire la loro pagina Facebook)

La nanetta è arrivata a casa mia appunto quasi un mese fa e devo dire che nonostante fosse davvero minuscola sin da subito ha portato davvero parecchio scompiglio. Eowyn è sorda e ipovedente dalla nascita e la maggior parte delle persone che vengono a scoprirlo quasi si rattristano per lei, ma io prontamente li incalzo dicendogli che lei non lo sa e quindi va bene così.

Ho avuto diversi cuccioli doppio merle negli ultimi anni in stallo e da loro ho imparato due cose fondamentali; la prima è quasi un motto per il rescue: la disabilità è negli occhi di chi guarda. Eh già perchè di fatto questi cani ci nascono con queste caratteristiche, e quindi rispetto a cani che diventano ciechi o sordi nel corso degli anni, non vivono questa caratteristica per forza come una mancanza, non conoscono altra realtà al di fuori di quella e quindi di fatto non sanno che cosa gli manchi e che possa esistere una possibile realtà differente. Negli anni ho potuto osservare come la Natura sia una macchina incredibile e perfetta votata all’estrema resilienza e che in quest’ottica dota questi piccoli esseri viventi di straordinarie capacità di adattamento rispetto al mondo che a volte guardandoli io mi vergogno quando ci definiamo esseri superiori! La seconda cosa è invece che quanto questo elemento sia più o meno sviluppato dipende tantissimo dal tipo di disabilità che li interessa, ma anche e soprattutto da chi è quel singolo individuo.

Anni fa ho avuto con me Cosetto (del mio cuor per sempre!) per diversi mesi; Cosetto era un cucciolo cieco e sordo, ma appunto anche lui era uno di quelli che non lo sapeva e amava così tanto la vita e stare con gli altri che questo non gli impediva di percorrere metri e metri per trovare gli esseri viventi intorno a lui e saltargli in testa dalla felicità (vabbè i primi tempi per la gioia ti sgagnava e apriva le braccia rendendoti sanguinolento, però questo è un altro capitolo sull’eccitazione e poi dai ha imparato in poco tempo!). Aveva tutto un suo metodo di esplorazione (comune in realtà a molti DM) in cui girava su sè stesso mappando così le cose che trovava intorno a sè nell’ambiente e tenendoseli come punti di riferimento per identificare lo spazio e poi andava di naso a manetta e seguiva la scia che avevi lasciato nello spostarti, leggeva la storia di tutti i tuoi spostamenti e piano piano, zitto zitto, senza nessuna paura di muoversi nemmeno in ambienti sconosciuti, ecco che ti trovava! Non potevi sfuggirgli! La sua voglia di condividere la vita con gli altri era tale che davvero non lo spaventava nulla e questo mi ha permesso di vivere con lui un’esperienza meravigliosa alla scoperta di un altro modo di vedere il mondo. E non solo, ma anche di come il resto del mondo vedeva lui; non ho mai visto nessun cane trattare Cosetto come un disabile, li ho visti aiutarlo se e quando necessario e l’ho visto fare ai cani più accudenti. Vi ricordate di Jack di Cuori nella fato dell’articolo scorso? Non dimenticherò mai di averlo visto delimitare il movimento di Cosetto lungo un sentiero per non farlo finire fuori, ma lasciandolo libero di provare ad andare.

Alcuni mesi dopo ho avuto con me Star, sorella di sangue di Cosetto, ma decisamente tutt’altro individuo. Star aveva deciso che se faticava a capire cosa aveva intorno a sè nel mondo lei poteva farne benissimo a meno, che intanto quella roba lì della socialità e del divertimento era decisamente sopravvalutata. Ho visto Star tenere il punto nel non volersi muovere e non volersi aprire col mondo per ore ed ore, con una fermezza, una centratura e una sicurezza che mi facevano dimenticare che fosse una cucciola. Certo avrei voluto per lei qualcosa di diverso, che fosse più felice di condividere con gli altri, ma in fondo chi son0 io per decidere per lei?

Eowyn è una tipa tosta, sicura, determinata, dissidente, attiva, possessiva, un po’ matta, ma anche infinitamente dolce. Eowyn è arrivata in questa casa a soli 3 mesi, nel terzo ambiente in cui viveva nella sua ancora brevissima vita e nel giro di una settinmana la prima cosa che ha fatto è stata sostanzialmente dire ai miei cani che dovevano cambiare ciotola dell’acqua perchè quella era ormai diventata la sua piscina e lei senza piscina nella vita non ci sa vivere. La cosa assurda è che i miei cani le hanno dato ragione… (spero sempre che la Sioux sia in quella fase in cui n0n dà lezioni di vita ai cuccioli per non traumatizzarli troppo, ma ammetto che non ne sono così certa…) e da quel giorno viviamo con il bidet sempre pieno in modo che possano bere tutti… almeno fino a quando la Nana non sarà grande abbastanza per prendere possesso anche di quello! Questa nanetta dal primo istante non ha avuto nessun problema a dire a tutti come deve girare il mondo secondo lei e nonostante i nostri tentativi di arginare un pochino la sua ascesa alla dittatura universale, di fatto siamo dovuti scendere tutti a patti; lei ha la sua piscina, ma non può utilizzare tutta la cucina per i suoi pool party quotidiani. Di meglio al momento non ho saputo fare!

E qui arriviamo al succo del mio discorso… la sapete vero qual è la frase principe di chiunque adotti un cucciolo no? Lo voglio cucciolo perchè… COSI’ LO CRESCO COME DICO IO!

Ora, non sono qui per ricordarvi che non ce l’avete fatta nemmeno con i figli che parlano la vostra stessa lingua, figuriamoci con i cani! (semi cit. del mio amico Ste, battuta, ma non troppo, che sono anni che trovo geniale e che mi rivendo sempre su questo argomento!) Non sono nemmeno qui per farvi il pippone sul fatto che rendere i cani come volete voi passa spesso solo ed esclusivamente per il “Non avrai altro Dio al di fuori di me” (…spesso mi ha fatto pensare…cit.) e per atti di coercizione e controllo. Sono qui invece per dirvi che lasciar essere è un’avventura meravigliosa; che stare a guardare, indirizzare, ma lasciar fiorire per quello che un individuo è e non per quello che vorremo che lui fosse rende le nostre vite e le nostre storie piene di avventure ogni volta diverse, inaspettate ed emozionanti.

Lasciare che sia, qualsiasi cosa sia, ci lascia il gusto della meraviglia, il sapore dell’inaspettato, tutti i colori dell’arcobaleno perchè ci lasciamo davanti tutte le possibilità. Lasciar esprimersi per quello che si è scoprendosi insieme non vuol dire lasciar fare al cucciolo tutto quello che vuole, ma piuttosto seguirlo e indirizzarlo alla scoperta di sè stesso e di quello che può essere il suo giusto ruolo nel mondo, dandogli la possibilità di vivere la sua esistenza indipendentemente dal nostro desiderio di possedere per forza qualcosa che sia in quel modo. E per me non solo non esiste altra via per essere veramente un individuo che aiuta a crescere, ma è anche un regalo che possiamo fare a noi stessi nel liberarci dalle aspettative, che altro non sono che un nostro bisogno di adeguamento a uno standard o di appartenere a qualcosa.

Quindi, se posso permettermi di suggerire, quando prendete un cucciolo, non pensate a crescerlo come dite voi, ma piuttosto per come è lui. Lasciate che sia, con voi, ma sè stesso.

Vi lascio un passo tratto dal libro “Wa, la via giapponese all’armonia” di Laura Imai Messina; è un libro che partendo da alcuni kanji esplora alcuni concetti della cultura giapponese, chi segue i miei seminari è possibile che abbia già sentito questo passo, perchè spesso lo ripropongo sia perchè troppo spesso cadiamo nell’errore di essere troppo presenti, sia perchè sono innamorata di questo concetto di essere “oya”.

“Il ruolo del genitore non è quello di anticipare, ma quello di osservare non visto e intervenire solo quando serve veramente” riprese.
Poi, come ho visto fare innumerevoli volte ai giapponesi in questi anni, aprì il palmo come una tavoletta, l’indice a pennello, il polpastrello intinto in aria e poi strusciato sulla carne della mano, disegnò un kanji.

「親」 /oya/, il genitore

Oya è colui che sale sull’albero e guarda da lontano” disse. “Questo kanji dice tutto, non trovate?”

In alto a sinistra c’è 「立つ」 /tatsu/ stare in piedialzarsi, sotto c’è 「木」 /ki/ l’albero e a destra c’è 「見る」 /miru/ vedere, guardare.
「木の上に立って見る」/ki no ue ni tatte miru/

La spiegazione di cosa sia un genitore è già nella parola. È colui che deve intervenire solo quando serve veramente, quando si tratta di “salvare”. Per non sostituirsi mai al proprio figlio, per non sostituirsi al corso degli eventi. Non evitare, non eliminare! Ti deve essere concesso d’interrompere solo quando serve veramente, di controllare quando è necessario ed utile davvero.

Così il pianto va accolto, la sofferenza tollerata.
E per quanto complicato sia accettare d’esser marginali, deve consolare il pensiero di quanto grande sia piuttosto il rischio di farsi protagonisti di una vita altrui, di non insegnare l’indipendenza ma la dipendenza.

 

 

in foto: Eowyn, cerca casa con piscina con qualcuno che la lasci libera di esprimersi. [photo: Jgor Cavallina]