Skip to main content

Sapete come prosegue la saga di Dragon Trainer? In un nuovo capitolo Hiccup e tutto il suo villaggio vivono ormai in armonia e in condivisione con i draghi che sono diventati compagni di vita e elementi della loro comunità a tutti gli effetti, aiutando anche nelle faccende che tutti i giorni animano il villaggio. Questa serenità viene turbata da alcuni cacciatori di draghi che affidano a un certo Grimmel la cattura di Sdentato. Grimmel è uno che assoggetta i draghi con la paura, imprigionandoli fisicamente e assoggettandoli mentalmente al suo volere e dominio psicologico… (vorrei poter dire che ogni riferimento è puramente casuale…). Non cadrò  però nel tranello di mettermi a parlare dei vari approcci cinofili e dei loro parallelismi con la saga di Dragon Trainer (però oh, davvero, guardatevela che non sapete quante cose interessanti ci trovate dentro!), ma piuttosto il tema di cui voglio parlarvi oggi, e che questa settimana è corso e ricorso nel mio quotidiano, è il controllo.

Sono certa che chiunque di voi abbia lavorato con me mi abbia sentito parlare e riparlare di controllo in varie forme e in varie declinazioni perchè è un tema che volente o nolente mi è molto vicino. Mi sono sempre considerata una persona molto libera, molto easy and free, come si suol dire, fino a che un giorno in terapia, ho visto quanto questo fosse falsissimo e che in realtà avevo una dose di controllo non indifferente! Fatta non tanto di coercizione, ma di continua organizzazione, messa in ordine, routine, bisogno di aver chiare le cose, soprattutto nelle relazioni con gli altri, al punto quasi di offrirmi di fare per sostituirmi a loro e sapere così come sarebbero andate le cose. Se ve lo state chiedendo… no, non è stato affatto facile vedere questo lato di me.

Sono ormai due anni che sto intraprendendo un meraviglioso percorso in terapia che mi sta dando tantissimo, soprattutto nella lettura di me, e che mi permette di andarmi poi a cercare nel mio contorno, nei miei interessi, punti di vista sui temi che mi interessano e che emergono dalla terapia. E ovviamente questa scoperta non poteva passarmi inosservata.

Quando mi capita così, che sul mio cammino arrivano temi importanti, la mia testa inizia ad andare e andare e sono convinta del fatto che si attivano tutta una serie di quelle intangibili energie che, per pura magia del mondo, portano le risposte che cercavo. Questa mi è arrivata come sempre in un miscuglio delle discipline e filosofie che amo e che animano i miei pensieri e il mio sentire; sono certa di aver pensato come, ad esempio, nello yoga ci voglia del controllo per mantenere le Asana, ma anche come un estremo controllo non permetta di fluire armoniosamente da una Asana a un’altra. Ma la vera risposta, che mi è rimasta impressa su questo tema è arrivata da un articolo sullo Human Design (se non sapete cos’è andate a cercarlo! Io sono enormemente grata all’amico che me lo ha fatto scoprire! ma ALERT: è proprio una di quelle robe un po’ eretiche lì che piacciono a me!). L’autore di questo articolo (o forse era un video?) Alberto Sturiale (perdonate se non cito con perfezione, ma ho solo un vago ricordo!) sostanzialmente diceva che il controllo è paura. E cavolo io questa cosa qui sono sicura di averla già sentita dire diverse volte… dalla mia doc, ma anche a seminari cinofili… anzi sono anche certa di averla sentita dentro di me, io mi preparo di continuo con anticipo perché ho paura che qualcosa non vada bene!

Il controllo di fatto è la nostra preoccupazione, è la nostra necessità di prevenire la nostra ansia, è la bugia che ci raccontiamo quando pensiamo che diventando controllanti prevederemo ogni possibile cosa che possa andare storta e non essere piacevole. Mi tornava… eccome se mi tornava… a me che, sempre nella mia terapia, mi sono scoperta per la mia fragilità e sensibilità. Io spesso nel mondo mi sento nuda, mi sento che chiunque possa entrare, mi sento esposta; e questo è pericoloso e fa paura e di conseguenza mi porta a metterci tutta la mia dose di controllo per prevedere ogni possibile risvolto spiacevole a questa esposizione, che tante volte mi porta profondo incontro con l’altro, ma che può essere un’arma a doppio taglio.

Ma non era tanto questa la parte che mi ha colpito, quanto lo scalino mentale successivo. Il controllo di fatto diventa a questo punto un portare la propria attenzione, le proprie energie e la propria presenza a qualcosa di intangibile, a una o alcune delle possibilità, vero, ma dandogli più corpo e più voce che ad altre. Il controllo permea la nostra aspettativa di vissuto futuro rispetto a quella situazione di un’impronta di negatività, ci porta a considerare solo le possibilità negative, le rende quasi un binario obbligato, almeno nella nostra mente. E tanto più vediamo solo quel binario tanto più abbiamo paura e tanto più cerchiamo di mitigarla col controllo. Ci dimentichiamo che, come dice il Buddismo, in ogni secondo e in ogni situazione c’è il seme di tutte le possibilità future, che davanti a noi ci sono infinite situazioni che possono verificarsi e che forse il bello della vita è proprio questo, che è imprevedibile. Ci dimentichiamo della magia che può stupirci all’improvviso anche con la bellezza e non solo in negativo.

E’ a questo punto che per poter lasciare che tutte le possibilità siano, dobbiamo di fatto liberarci del controllo e stare con quello che c’è. Perché “quello che c’è”, qui e ora, è esattamente quel seme di tutte le possibilità del mondo, è approcciarsi a quella situazione mettendo nel range delle possibilità che sì, le cose possano andare nel peggiore dei mondi, ma anche nel migliore; l’unica verità è quello che c’è ed esiste in questo esatto momento. Stare con quello che c’è è diventato per me  l’evoluzione più profonda del concetto del Qui e Ora appunto, è diventato la consapevolezza che in ogni istante c’è l’infinito, che qualsiasi cosa accada, nello stare, senza fuggire in cose che di fatto non si sono ancora verificate, troverò gli strumenti per affrontare perché ho la lucidità e la consapevolezza di quello che sto vivendo e perché lascio che sia, lascio come deve andare, senza oppormi, permettendo di fluire. “Stare con quello che c’è significa smettere di avere paura” è la frase che da quel giorno mi porto nel cuore. Stare con quello che c’è significa imparare a stare a galla, che è più importante di avere una meta; perché opporsi a un mare in tempesta incaponendosi di voler a tutti i costi arrivare in un luogo preciso ci porterà a schiantarci da qualche parte, mentre invece il saper navigare ci permetterà di sopravvivere e non è detto che non ci conduca a una meravigliosa isola sconosciuta, è una delle possibilità.

E allora smettiamo di aver paura anche con i nostri cani, smettiamo di volerli esattamente in un certo modo, smettiamo di porci obiettivi che assurgono a uno standard perché pensiamo che quello ci porterà ad essere perfetti e inattaccabili, perché non solo non è vero, ma è l’esatto contrario che renderci liberi. Questa settimana nel suo profilo instagram (@cronachediunabionda) la Dott.ssa Marzia Benvenuti a un certo punto diceva come stare nel controllo e nella programmazione ci incasella, ci imprigiona in schemi e binari e ci allontana drasticamente dalla nostra autenticità, che di fatto è invece l’unica libertà possibile. E allora viviamoli, viviamoci, scopriamoci, confrontiamoci, amiamoci, stiamo con quello che c’è, stiamo con quelli che siamo e, soprattutto, smettiamo di avere paura.

 

P.s. So di aver già utilizzato l’immagine di questo articolo, ma qui in foto io e Sioux, la prima volta che su un sentiero l’ho lasciata libera, in piena fiducia, chiudendo gli occhi nella meditazione e smettendo di aver paura.